
YOGA - PERCHÉ FARE ZAPPING TRA ĀSANA NON È CONSIGLIATO
- tempio5elementi
- 6 giorni fa
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Yoga: tenere l’asana per ascoltare il corpo e fermare il flusso dei pensieri
“Yogaś citta vṛtti nirodhaḥ” lo Yoga è la cessazione delle modificazioni della mente. Questa definizione contenuta negli Yoga Sūtra di Patañjali non parla di movimento fisico, ma di riduzione dei vṛtti, cioè delle fluttuazioni mentali: l’obiettivo è la quiete interiore che nasce dall’attenzione al corpo, al respiro e alla sensazione presente.
Perché mantenere l' āsana aiuta a rallentare il flusso scomposto dei pensieri.
Per prima cose aumenta l’intero-percezione (interoception). Rimanere in una postura per alcuni respiri obbliga il sistema attentivo a spostarsi dalla narrazione mentale alle sensazioni corporee: pressione, allungamento, equilibrio, qualità del respiro. Studi recenti mostrano che pratiche di yoga orientate all’interocezione favoriscono la consapevolezza corporea e possono modulare il dolore cronico e lo stress attraverso cambiamenti nella rete insulare e nelle vie senso-affettive.
Inoltre āsana mantenute con attenzione al respiro e al rilassamento dei punti di tensione, sono associate a un aumento della variabilità della frequenza cardiaca (HRV), un indice di predominanza vagale e di migliore capacità di recupero dallo stress. La letteratura di revisione indica che lo yoga, in molte sue forme, supporta la regolazione cardiaca-autonomica.
La pratica meditativa e le pratiche di consapevolezza corporea riducono l’attivazione della Default Mode Network (la rete cerebrale associata al pensiero autoriferito e al rimuginio) e migliorano la connettività tra reti attentive; mantenere l’âsana "con presenza" funziona come una forma di meditazione in azione.
Perché fare "zapping" tra le posture può essere controproducente?
Negli ultimi anni si è diffusa la moda dello yoga iper-dinamico: pratiche molto fluide e veloci (vinyāsa, power-yoga, “flow” ad alta intensità) che puntano al movimento continuo e al battito cardiaco elevato. Queste pratiche hanno vantaggi (miglior condizione aerobica, consumi calorici, forza e mobilità) ma presentano anche limiti rispetto agli effetti meditativi e di integrazione corpo-mente.
Riduzione dell’attenzione interocettiva: transizioni rapide spostano l’attenzione sul ritmo e sulla sequenza, e meno sulle sensazioni sottili; questo può diminuire la capacità di “stare” nel corpo e di osservare i pensieri che sorgono.
Effetto cardiovascolare/ormonale diverso: vinyāsa e power-yoga aumentano l’intensità cardiaca (alcuni studi riportano HR medie decisamente più alte durante classi dinamiche), il che è utile se lo scopo è fitness, meno se lo scopo è regolare lo stress attraverso il rilassamento vagale.
Possibile aumento del rischio in chi non è allenato: transizioni veloci possono aumentare il rischio di scorrette ripetizioni, sovraccarichi e infortuni, soprattutto quando la pratica privilegia estetica e ritmo su allineamento e ascolto.
Quindi: correre solo per la bellezza del movimento dà benefici fisici (resistenza, caloria, forza) ma non garantisce gli stessi effetti psicofisiologici ottenuti da una pratica più lenta, centrata sul respiro e sull’ascolto.
Cosa dice la scienza sul confronto lento in rapporto al veloce?
Ricerche recenti che hanno confrontato yoga più lento (restorative, hatha orientato alla presenza) con vinyāsa. Si è riscontrato che pratiche lente e riposanti possono dare vantaggi specifici su funzioni cognitive, recupero e regolazione emotiva, mentre il vinyāsa tende a dare maggiori effetti cardiovascolari. In altri termini: obiettivo diverso, effetti diversi.
Studi su HRV e yoga mostrano che pratiche che includono respirazione controllata e posizioni mantenute migliorano la variabilità cardiaca; pratiche molto intense producono miglioramenti di salute, ma con un profilo "autonomico" differente.
Se desideri suggerimenti per la tua pratica contattaci o parla direttamente con la nostra maestra Claudia Ciolli





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